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21.3.05

Come i barbari

Entriamo in una pizzeria poco fuori città. Spavaldi, carichi, adrenalici e strafatti il giusto. Come i barbari. Malconci d'aspetto. Miccette in corpo. Nella breve attesa non riusciamo a stare fermi, straparliamo e siamo il terrore dei camerieri che ci dribblano sperando di non far cadere piatti, portate e composizioni varie. Siamo in sette, sembriamo cinquanta. Ci accompagnano nel tavolo più defilato, timorosi. Noi non badiamo a ste cose. Sembra una gara a chi parla più forte, ma per noi è normale. Le coppiette ci guardano, spaventate. Vociare e volgarità. Le spariamo grosse le cartucce, le spariamo tutte. I ragazzi vicino a noi, che magari facevano i brillanti con la tipella di turno, ora sono moderati e malleabili come agnellini.
Andirivieni verso il bagno e a fumare fuori. Beveraggi di ogni sorta uno dietro l'altro. Mischioni pericolosi (come se all'aperitivo fossimo stati tranquilli). Birrozzi, vino, amari, multipli giri di limoncelli. La cameriera avanti indietro solo per bicchieri. E noi urliamo, scherziamo, protagonisti unici della serata. Fotografie, applausi. Abbiamo evitato solo i cori dal repertorio. Quelli attorno prendono il caffè al bancone pur di evitarci. Brindisi a ogni cosa, one shot ingollati pericolosamente. Ci ridiamo in faccia, come al solito vengono fuori i peggio aneddoti del passato. La domenica è stata ammazzata come si conviene...




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